La nostra storia

Elena Di Girolamo

Nel marzo del 1980 mio figlio Giorgio, a bordo della sua Renault5, si schianta contro un palo di Corso Europa. Nell’auto c’è anche la sua ragazza, che morirà prima di entrare in sala operatoria. Dietro altri due amici rimasti illesi. Quattro amici, quattro famiglie. Una domenica pomeriggio ha cambiato le nostre esistenze. Giorgio viene ricoverato d’urgenza alla rianimazione del San Martino. L’hanno estratto incosciente dal groviglio di lamiere e non si è più risvegliato. Sette mesi prima avevo perso sulla strada un altro figlio, Roberto, 14 anni soltanto. E ora Giorgio, il più grande, è in fin di vita. Nella disperazione più profonda cresce la voglia di lottare, di sperare, di crederci. Nonostante Giorgio non dia segni di vita e al monoblocco non me lo facciano neppure vedere, nonostante il primario abbia detto che Giorgio non vivrà, nonostante tutti i giorni non si respiri altro che quell’odore di camera sterilizzata, nonostante la cartella clinica non registri alcuna speranza. Dopo qualche giorno, con l’aiuto di un’infermiera, riesco ad entrare in quella stanza dove Giorgio “dorme”. E’ da quel momento che mio figlio inizia a tornare alla vita. Non poteva parlare, ma io riuscivo a dialogare con lui. Un giorno voltò piano piano le pupille e aprì gli occhi…per un attimo. Eppure la prognosi non lascia scampo: coma profondo. Giorgio resta al San Martino, intubato. Qualche minuto di ginnastica passiva non basta per far circolare il sangue, per impedire le calcificazioni. Sulla schiena, giorno dopo giorno si allarga una piaga da decubito: pelle e carne si incancreniscono in quella posizione. Il primario di rianimazione, non intende trasferirlo e il professor Davini, in quelle condizioni non intende operarlo. Litigarono davanti i miei occhi, mentre mio figlio stava morendo. Non riuscendo ad arrendermi firmo e porto via Giorgio dal San Martino dopo 100 giorni. Destinazione? Una clinica milanese. Il professore del San Martino mi disse: “lei ha firmato per la morte di Giorgio”, ma già in ambulanza il mio ragazzo aveva cambiato espressione. E nella clinica di Milano ho capito l’assurdità di vietare l’ingresso ai famigliari. Lì, Giorgio, era in un’ampia camera illuminata e noi potevamo stargli vicino, parlargli, vivere con lui quel lungo sonno. Poi, da Milano, l’ennesimo spostamento, a Innsbruck, nello stesso reparto dov’è ricoverato Leonardo David, lo sciatore azzurro caduto a Lake Placid. Una trombo-flebite peggiora la situazione clinica del mio ragazzo. Spendevamo un milione di lire al giorno, ci siamo venduti tutto quello che avevamo. In questo periodo non lascio mai solo Giorgio. Dormo con lui, vivo con lui. Una notte di agosto mi accorgo che Giorgio ha contratto una gamba. Ma non riesce a stenderla. Il giorno dopo arriva mio marito e chiede a Giorgio piccole risposte. Faticosissime per lui. “Muovi il sopracciglio una volta se è si, due volte se è no”. Lo muove: è vivo! Di nuovo! Il professor Davini questa volta lo opera e gli scarica il liquido che preme contro il cervello…e pensare che i medici di San Martino avevano detto che Giorgio sarebbe rimasto paralizzato e stupido. Ma le lesioni cerebrali sono solo parziali. Gli sono morte le cellule delle inibizioni e così – spesso – lui risponde solo all’istinto. Dopo aver ripreso l’attività motoria, è capitato che scomparisse improvvisamente, per ritrovarlo poi a Milano, a Pisa o in Svizzera. Dopo qualche tempo, purtroppo Giorgio perde il coordinamento dei centri motori, cammina un po’ male e fa fatica a parlare. Ma scrive. Ama scrivere, in italiano e in inglese. E legge scampoli di Garcia Lorca e paragrafi del ‘De Bello Gallico’. E ricorda, ha lampi di memoria insospettabili: è l’unico che davanti al giudice ha saputo ricostruire l’incidente. Giorgio, però, non è autosufficiente, ha bisogno di essere seguito ad ogni istante e in Italia non esistono strutture dedicate a persone nelle stesse sue condizioni. Ci sentiamo completamente abbandonati. Quindi, con il preziosissimo aiuto delle mie due figlie, Emanuela e Paola, decido di aprire Rinascita Vita, la prima associazione di assistenza per casi come quelli di mio figlio. Assistenza, vera e concreta, allargata anche alle famiglie di chi è affetto da cerebrolesione acquisita. All’epoca promisi a me stessa che nessuno avrebbe dovuto più vivere ciò che aveva passato la mia famiglia, nessuno avrebbe più dovuto sentirsi abbandonato dalla società, e che la mia sofferenza sarebbe diventata un’esperienza da mettere a disposizione degli altri. Così nel 1995 nasce Rinascita Vita. Oggi, malgrado mille difficoltà, sono orgogliosa della nostra associazione, e la felicità più grande la provo ogni volta che uno dei nostri pazienti, grazie alle terapie e al meraviglioso lavoro di tutti i collaboratori della struttura, riesce a fare anche un piccolo passo verso una rinascita…verso la vita.

Elena Di Girolamo – Presidente e fondatrice di Rinascita Vita Onlus

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